20/09/13

Prospettiva e profondità

Ieri sera un mio carissimo amico, che per troppi anni anni avevo perso di vista, mi ha detto guardandomi negli occhi: “Carlo sei diverso, cambiato e molto più cinicamente ironico”.
Ora, è chiaro a tutti, che tra noi maschietti o uomini duri è cosa rara parlare di cose viscerali, caratteriali o lontanamente psicologiche e quando questo accade mi lascia sempre sorpreso.
Non so com'ero, non sta a me dirlo, di sicuro ho molta meno PAURA.
Sarò cresciuto, maturato o invecchiato chissà...sarà che certe botte nella vita ti levano di colpo i lustrini, seghe mentali o stupidi sogni ad occhi aperti, facendoti piantare i piedi a terra, a volte nel fango (a volte affogando in uno stagno) ma quando riesci miracolosamente a rialzarti il mondo si mostra con le giuste distanze.
I pittori del'400 fiorentino re-inventarono la prospettiva dando una inimmaginabile profondità allo spazio.
PROSPETTIVA e PROFONDITA'...che straordinaria rivoluzione!
Tutto era già lì davanti agli occhi, ogni santo giorno, eppure sembrava qualcosa di impossibile da cogliere. Fu necessaria la lucida follia di qualche geniaccio toscano con il pennello in mano per renderla visibile e trasformarla in una semplice chiave di lettura per interpretare il mondo. Quante manie e paure avessero intimamente questi artisti si può leggere nei loro diari, eppure attraverso uno straordinario processo creativo, l'arte e gli artisti fecero fare un passo in avanti all'umanità.
La PAURA. Credo che tanto dipenda da questo. Quante paure abbiamo inconsciamente e quotidianamente? Quante paure ci bloccano, ci fanno sentire frustrati o inadeguati? Ognuno ha le sue: c'è chi ne ha tante, chi finge di averle pochissime e chi semplicemente e legittimamente evita di pensarci. Tutto va bene, finchè le cose funzionano, poi arrivano le crepe, le pareti cominciano a sgretolarsi e il mondo sembra crollarci addosso. La quotidianità, i problemi sul lavoro, il tuo capo rompicoglioni, il marito sul divano, i sogni falliti, la moglie in crisi, la fila alla posta, i mutui in banca, i figli che crescono, la politica ridicola, la cronaca impazzita... il mondo sembra un girone infernale.
Gli orizzonti si accorciano, i problemi ti si attaccano alla faccia e di nuovo manca la distanza. La PROSPETTIVA.
-Allora che fare caro sapientone?
Non lo so.
Magari possiamo decidere di drogarci e ubricarci all'infinito (che comunque restano piacevoli diversivi), possiamo pensare di vincere al Gratta e vinci e trasferirci su un'isola, possiamo pensare di diventare una velina, un calciatore o un attore anche senza talento, oppure cercare la PROFONDITA' delle cose, lo ”sfumato” di Leonardo, il reale sognato.
Ma come farlo se tutto intorno è pesante?
Alcuni anni fa uscì un bel libro con un gran titolo: “L'insostenibile leggerezza dell'essere”, magari cercare di riprendere la leggerezza nelle cose potrebbe essere una strada. Ma non la leggerezza vuota e piatta, non la canzone già sentita, perchè questo è di nuovo qualcosa figlio della paura dell'ignoto. No, la leggerezza della profondità. La leggera-grandezza di un racconto di uno scrittore triestino ambientato in una ventosa giornata invernale, il mistero di una canzone mai ascoltata che ti colpisce nel profondo, una tela colorata che pur lasciandoti perplesso ti si attacca alla vita come una visione.
Piccoli e infinitesimali passi verso territori nuovi, ignoti e misteriosi, allora si che il mondo offre orizzonti diversi. Allora si che cominciano ad allentarsi i fili terribili delle paure. Un passo verso la “spaventosa” zona dell'ignoto dove tutto può succedere ma che tanto può sorprendere e farci sentire vivi. Ogni processo creativo (e non è necessario essere artisti) ci permette di sperimentare vie alternative della nostra esistenza. Creare qualcosa. Che sia lavorare il legno, scrivere una canzone, dipingere, superare i propri limiti in una maratona, mettersi a nudo su un palcoscenico, tutto concorre ad un nostro processo evolutivo e vitale. E lì, credo, che ci misuriamo come uomini e donne, capaci di lasciare qualcosa di importante.
Forse sono soltanto belle parole, figlie di fantasie psichedeliche oppure semplicemente è dove mi trovo ora, cinicamente ironico o forse più consapevole.
Comunque grazie mio caro amico, nonché talentuoso batterista, grazie per le belle parole.


"Every day is new again/every day is yours to win/and that's how heroes are made/I wanted to win/so I said it again/That's how heroes are made" (Michael Stipe)


29/07/13

L'arte è ormai l'unica politica plausibile. L'arte piccola che non avrà grandi titoli sui giornali, che non passa sulle radio nazionali e non finisce nelle librerie. La musica, la pittura, la danza, la letteratura che nascono ogni mattina nel cuori di tanti per dare una stabilità al caos che viene da fuori. Qualcosa che possa ancora metterci in contatto con la natura e l'essenza dell'uomo, lontani da protocolli, statistiche, mercati, spread, bizze politiche. Abbiamo bevuto medicine amare, pagato bollette col sangue, ci siamo piegati per rendere stabile la confusione ma ogni lunedì ci troviamo di nuovo persi in vortici incontrollabili che non dipendono dalla nostra volontà e nemmeno si avvicinano a poter essere controllati. Il divario tra quello che siamo e quello che possiamo fare diventa infinito. Rifuggire in qualcosa di piccolo ma immensamente profondo come il processo creativo sarà l'ancora di salvezza, lo scoglio dove approdare. Non sarà il vistoso canto delle sirene ma le cure discrete di Nausicaa a salvarci. Niente da vivere collettivamente ma piccoli presidi liberi. Nessuna luce stroboscopica, nessun impianto da 150 mila Watt ma chitarre acustiche e voci. Una, cento, mille voci diverse dietro le barricate.

28/07/13

SIGUR ROS: Polaroid dal futuro che fotografano il presente

E' difficile tornare con i piedi per terra dopo aver volato nei magici universi dei Sigur Ros. Due ore di musica grandiosa, adulta e moderna. Chiunque si stesse chiedendo se il Rock è ancora vivo, doveva essere lì, a Lucca ieri sera.
Sarà la pochezza dei tempi che stiamo vivendo, sarà l'aridità di emozioni con cui siamo abituati a convivere quotidianamente, ma lo spettacolo che ha messo in scena il gruppo islandese è qualcosa di raro da custodire gelosamente dentro. Un'onda sonora che ha l'ampiezza di universi distanti ma al tempo stesso che risuona nei boschi dietro casa, sugli Appennini, come nelle vastità del Nord Europa. Una musica europea non semplice ma maestosa e paradossalmente gioiosa nel suo intercedere pesante.
Questa manica di giovani islandesi suonano quello che è il mondo di oggi con la capacità di farti guardare intorno e vedere il mondo con occhi diversi. Alberi, tramonti, aerei che passano, autostrade, bambini che corrono, tutto diventa lo scenario di un film che è la tua vita ora.
Ora e non ieri.
Ora.
C'è poco da dire di fronte a tanta grazia.
Credo sia una questione di dignità intellettuale e di rispetto verso ciò che ci circonda a far sprigionare dal palco dei Sigur Ros un continuo flusso di magia. Abituati, come siamo, ad ascoltare la musica come un sottofondo al bar o come colonna sonora di insopportabili pubblicità, i Sigur Ros ti catturano con la semplice bellezza delle note e ti accompagnano in un viaggio pazzesco costruito su di un sofisticato impasto sonoro fatto di archi, organi e chitarre distorte suonate con l'archetto del violoncello. Niente di impossibile da immaginare ma complicatissimo da realizzare. Una musica evocativa supportata da video che proiettano continuamente immagini, come Polaroid dal futuro ma che fotografano il presente.
Autostoppisti di autostrade cosmiche, hippy del futuro, comunque si vogliano guardare i Sigur Ros rappresentano qualcosa di raro nel mondo asfittico che stiamo vivendo.
E il pubblico in Piazza Napoleone ha risposto entusiasta a tutto ciò, ascoltando in un mistico silenzio lo scorrere delle canzoni, interrotto soltanto da fragorosi e liberatori applausi alla fine di ogni brano.
Una scaletta costruita sugli ultimi lavori e una manciata di classici (Vaka, Hoppipolla,Olsen Olsen, Svefn-G-Englar,) dei primi album conclusa con la straordinaria “Untitled Eight (Popplagiò)” che fa tanto bene all'anima prima di andarsene a letto, trasformati dall'incredibile esperienza di un viaggio straordinario.
Il potere della musica, l'ingegno e la creatività umana, la voglia di comunicare emozioni fortissime...tutto quà. 
Per poi risvegliarsi nella luce del mattino un po' più vivi e con tutti i Chakra aperti.
Niente male direi.

01/07/13

Voglio che le stelle sappiano che hai vinto


Voglio che le stelle sappiano che hai vinto
sembrava un inganno titanico
come nuotare nel sonno
ma voglio che le stelle sappiano che hai vinto
prenderò il tuo nome ed i miei bimbi
li porterò dove la terra tocca il mare
dove gli olivi crescono selvaggi e millenari
e so come sarà - Dio mio se lo so -
me lo hai mostrata ogni volta 
la vita 
e come viverla.


15/06/13

Io e Bruce Springsteen


Come parlare di Bruce Springsteen senza cadere nei soliti luoghi comuni?
Da appassionato di musica Rock ho una serie di domande che mi frullano nella testa ma che non riesco a portare alla luce come risposta.
Come può un artista dopo tanti anni di carriera continuare a mietere vittime come la più giovane teen-idol band?
Quali corde profonde tocca la sua musica da rendere bimbetti dei rispettosi 40/50enni o da rendere adulti degli imberbi ragazzetti?
Può davvero il Rock avere ancora la forza comunicativa di un tempo?
Quali misteri concorrono a farmi aspettare ogni volta un nuovo concerto di Bruce Springsteen come il più grande collettivo rito pagano, dove un'incredibile gamma di sensazioni si sprigionano libere e incontrollate?
Sarà idolatria la mia? sarà mattia? può darsi... ma resta comunque il fatto che dopo aver visto decine e decine di concerti di vario genere e delle band più disparate, quello che Bruce Springsteen mette in scena ogni volta è la più travolgente rappresentazione della storia della musica Rock.
Qualcosa che mi riconferma il perché a 15 anni ho preso "London Calling" dei Clash dalla collezione di mio fratello e non sono più tornato indietro.
Gli anni passano, tutto invecchia, la vita si complica, i vinili e le cassette sono sparite e ora anche i cd. I generi musicali si sono moltiplicati e così i modi di reperire musica. John Lennon, Elvis, Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Joe Strummer sono morti, Bono non lo è ancora (ma è come se lo fosse) e in tutto questo Bruce Springsteen continua a raccontare il suo straordinario romanzo popolato di perdenti, sognatori o semplicemente gente che cerca ogni giorno il riscatto in un mondo maledettamente complesso.
La mia generazione (chi è nato negli anni '70) ha conosciuto Springsteen attraverso Videomusic o MTV alla metà degli anni '80, con quel gioiello di R'n'R (enormemente frainteso) che è "Born in the USA". Di sicuro non il suo miglior album, ma comunque potente, impegnato e punto di arrivo di tanti suoi personaggi presenti nel viaggio degli album precedenti. Quante serate ho discusso con vari amici per cercare di spiegare cosa sta dietro quelle canzoni, ma purtroppo per tanti quel grido urlato a pugno chiuso (nato negli USA!) è passato come un semplicistico slogan nazionalistico americano. Una sorta di Rambo del mondo musicale. E quando c'era l'America di Reagan in giro non era una buona cosa con cui essere accomunati. Non importa l'arte è anche questa e si è liberi anche di fraintendere o semplicemente non apprezzare. La realtà  è che Springsteen è molto di più di una canzone buona o brutta. La sua grandezza sta nell'aver inventato un suo immaginario, tipico della grande letteratura americana. Qualcosa come Steinbeck, Faulkner, Jack London, Hemingway, Raymond Carver con la chitarra. I protagonisti di "Born to Run" sono fuggiti dalla città inseguendo il sogno americano, con "Darkness on the Edge of Town" hanno incontrato la realtà di dover lottare ogni giorno con i propri fantasmi, il rapporto con i genitori o con la difficoltà di avere una vita decente. "The River" è l'album dove tutto si sgretola, falliscono i matrimoni e la vita si fa ancora più amara. Ma nonostante tutto si lotta con un'indistruttibile fiducia nella vita. "Nebraska" è (forse) artisticamente la vetta più alta. 10 canzoni registrate a casa con un 4 piste Tascam. Una manciata di canzoni chitarra e armonica dove si materializzano gli spettri peggiori dell'America reaganiana. Canzoni che sembrano venire fuori dal deserto delle periferie americane, dove le fabbiche chiudono e non si trova lavoro. Dove gli errori della grande politica ricadono impietosi sulla gente comune. Dove si perde lavoro, le banche ti prendono tutto e per una disperata sbornia di Tequila e Whisky si arriva ad uccidere, per poi fuggire, venire arrestati e alla fine uccisi sulla sedia elettrica. Un America lontanissima dal brillante sogno americano dei primi anni '80 raccontata dai film o dalla televisione. Un album sulla solitudine e sulla disperazione nel mondo occidentale, figlio di Woody Guthrie, Hank Williams, Johnny Cash e Bob Dylan. I disperati di "Nebraska" ritornano con "Born in the USA" e questa volta la domanda è ancora più diretta: Cosa ti resta dopo aver combattuto in Vietnam per il tuo paese? Perché devi lottare ancora quando hai compiuto il più alto sacrificio per il tuo paese combattendo una guerra sporca? Questo sta alla base della tematica dell'album che rese Bruce Springsteen una rockstar planetaria. I veterani erano tornati, mutilati fisicamente e psicologicamente ma l'America aveva voltato pagina nei luccicanti anni '80. Le ferite erano profonde e gli USA volevano dimenticare. Non c'era più spazio per chi, anche soltanto fisicamente, ricordava la sconfitta del Vietnam. Il lavoro non c'era più per loro e di nuovo mancavano la basi per crearsi una vita decente. L'urlo a pugno chiuso rappresentava questo : Io sono nato negli USA, mi hanno spedito ad uccidere i "gialli" e ora non ho un posto dove vivere ne un lavoro per dare un futuro alla mia famiglia. Grandi domande per un disco Rock che ha venduto la bellezza di 20 milioni di copie e che funestava le radio nell'estate del 1985. E così via via (con un paio di album discutibili) fino alle altre meraviglie che sono "The Ghost of Tom Joad", "Devils and Dust", "The Rising" e "Magic". Una continua ricerca di risposte dal mondo di oggi, dove i disperati diventano gli immigrati ai confini della California, i giovani che partono (di nuovo) per la guerra in Iraq o semplicemente l'uomo comune che deve affrontare l'odierna e terribile crisi economica. Non è solo una canzone ma è un mondo dove tanti hanno avuto la fortuna di entrare e partecipare, riconoscendosi a seconda dei momenti della propria vita in Johnny 99, Hazy Davy, Wild Billy, nelle notti d'amore sbagliate di The River, nelle frustrazioni di un matrimonio, nella rabbia di Tom Joad, nell'uscire con un amico arrapati di ragazze o nelle speranze dell' "indignado"Jack of All Trades. Ma tutta questo fiume di parole risponde in parte alla mia domanda iniziale. Perchè c'è un mistero nella musica di Bruce Springsteen che ti riempie di gioia anche nelle sue storie più disperate. Una forza continua che ti scorre dentro, un incrollabile fiducia nella vita e in un suo possibile riscatto, che ti fa camminare a testa alta orgoglioso. Qualcosa che nonostante tutto ti fa dire che la vita è qualcosa di unico e straordinario e che vale la pena viverla fino in fondo, sbagliando, inciampando ma sempre rialzandosi con dignità, cercando qualcosa di meglio che deve essere da qualche parte là fuori. E lui il Boss lo sa. E ogni volta dal vivo lo ricorda, lo racconta, lo canta, lo urla, facendoti divertire, ballare e sognare con il più grande linguaggio che l'uomo moderno ha inventato: il Rock'n'Roll.

"Hey Frank won't you pack your bags 
and meet me tonight down at Liberty Hall 
just one kiss from you my brother and we'll ride until we fall 
We'll sleep in the fields, we'll sleep by the rivers 
and in the morning we'll make a plan 
we'll if you can't make it 
Stay hard, stay hungry, stay alive 
If you can 
and meet me in a dream of This Hard Land"
Resta forte, e affamato, e vivo
Se puoi
E incontrami in un sogno in questa dura terra

29/05/13

Io a Dachau ieri (69 anni dopo mio Nonno)





















Io a Dachau ieri, 69 anni dopo mio Nonno
(entrato come prigioniero politico il 9 Ottobre 1944 e mai più tornato).

Quanto è difficile elaborare e descrivere la miriade di sensazioni che ti franano addosso quando si entra in un luogo così drammaticamente reale.
Qualcosa che oggi nel 2013 (liberi da ogni ideologia e fazione politica) è ancora più lancinante perché ti mette davanti all'uomo e alla sua esistenza, senza appigli e vie di fuga.
Ho attraversato il cancello di ferro del Campo di Concentramento, sono entrato timoroso e ho cominciato a guardarmi in giro. Mi rendo conto solo adesso di come il mio cervello abbia immediatamente alzato uno scudo di protezione, qualcosa che potesse difendermi da tale inimmaginabile sofferenza.
E così ho visitato il museo guardando le foto e leggendo le informazioni come se fossi in un normale museo (come fossi agli Uffizi davanti a un quadro di Botticelli o Caravaggio) passando da un pannello all'altro, scuotendo la testa ma con un certo distacco, per non farmi assalire da alcuna disumana onda emotiva.

Ma visitare Dachau è come entrare nella realizzazione concreta dell'Inferno immaginato da Dante, un INFERNO DEI VIVI dove non è possibile evitare di venire scossi nel profondo.
La realtà ti assale con i suoi spettri di un passato talmente vicino da restare ammutoliti. Non è la storia dei libri che ti passa davanti, non è Napoleone, non è il Medioevo, non è Giulio Cesare, ma è la storia di ieri, il peggior incubo lì dietro l'angolo.
A Dachau tutto sembra immaginato dal più folle sceneggiatore: i binari dei treni, il cancello con la scritta “Arbeit macht Frei”, il ferro del filo spinato, gli spigoli delle torrette di guardia, i letti di legno dove dormivano ammassati i prigionieri, la fila dei cessi e delle docce, le camere a gas, le celle degli esperimenti, i muri delle esecuzioni, i forni per cremare i cadaveri. E quello che è rimasto è soltanto un millesimo di quello che era in realtà il Lager. Perfino la natura a Dachau è avversa, fredda, pungente, in bianco e nero, il cielo è grigio come il piombo e l'aria gelida come la morte.
Si resta di pietra e senza lacrime, rintontiti da tanta assurda crudeltà da voler chiudere gli occhi per non guardare, dimenticare per non soffrire.
Ma nella testa cominciano a girare in vortice migliaia d'immagini di film, libri letti, racconti, tutto quello che normalmente nella tua tranquilla vita quotidiana sembra una storia sentita e risentita, lì in mezzo all'immenso viale (cinicamente chiamato della “Libertà”) riassume il senso vero di quello che è stato: Morte. Follia. Barbarie.

Mio nonno è morto lì a 39 anni, accusato di aver cospirato contro la follia nazista. Morto probabilmente pochi giorni prima della liberazione del campo, sepolto in una fossa comune nel fango di Dachau.
Questo è il mio filo diretto con la Grande Storia che non posso e non voglio perdere. Qualcosa che passa dentro di me, attraverso mio padre fino ai miei figli e dimenticare, per me, sarebbe come aggiungere un crimine ad un altro crimine. 




07/05/13

Santa Maria Navarrese Blues


Infine lo zoppo si alzò dal buio di quella topaia 
e sgattaiolò fuori col suo occhio sfregiato 
da una vita ruggente
Se ne andò via spingendosi lontano 
come un Cowboy morente tra le braccia della notte
E là dove le anime crescono selvagge 
riprese a camminare nudo nella baia a ferro di cavallo.

23/04/13

Qui nella mia stanza

Qui nella mia stanza
dove non entrano i rumori
sopra una pila di libri
scopiamo con rabbia e in forma di poesia

17/04/13

Proiettili impazziti (le crisi semplificano la vita)

E’ tutto pronto per preparare il campo
ci sono tende e nodi da sciogliere
ci sono teli da stendere ed erba da intrecciare
C’è un melo nano in mezzo ad un terreno grande
dove gli alberi più alti toccano un cielo fosforescente.

Vedo le gambe di una bionda distesa a fare yoga sull’erba 
vedo il suo culo bellissimo
e poi di nuovo le sue gambe che si allungano
vedo scaricare roba da un furgone verde
vedo gente che balla continuamente
vedo un sacco di gente che fugge da una vita di merda.

Artaud e Shakespeare seduti sul marciapiede
guardano Anna Bolena correre nei boschi
mentre Minerva cavalca fino alla fonte
dove la muse danzano la geometria dei sogni.

C’è chi va al di là della strada
e chi si ferma a raccogliere menta
ci sono autostoppiste anarchiche e corridori scalzi
ci sono Pasolini e Ferlinghetti come proiettili impazziti
ci sono uomini e donne proprietari del proprio corpo.

Ci sono io e ci sei tu
ed il sole che ci accompagnerà fino alla sera
“Ripareremo biciclette - dici-
ripareremo biciclette e coltiveremo i campi
ed avremo dei figli bellissimi
avremo dei figli bellissimi e liberi”.

Realpolitik

Sei molto più bella di me
hai il senso degli affari
sei figlia dei nostri tempi
si vede da quello che indossi
sai anticipare le mosse
lo leggo dai tuoi passi
sei molto più bella di me 
sei molto più bella di me

Sei molto più bella di me
hai il senso degli affari
Il mio umorismo sta peggiorando
mentre indossi gli occhiali da sole
quando il sole sta bruciando
quando anche i forti hanno pianto
sei molto più bella di me
sei molto più bella di me

Sono fuori luogo qui
ho letto tutti i paragrafi
sono appeso come un ragno
ai fili sottili di un sogno che mai accadrà
guardaci negli occhi
guardaci negli occhi
guardaci negli occhi

23/03/13

Samsara


Scivola nel mio bicchiere
s'insinua nel respiro

di tanto in tanto parla senza dire
ma ogni volta mi avvicino
e respingerla mi soffoca
in una maschera di plastica
una donna inquieta mastica
domande a cui non ho risposta

Per quanto scura è la notte
la cerco come un vampiro
il suo richiamo mi inghiotte
e vorrei che non finisse mai
cosi prossima ai miei sogni
cosi opportuna nei miei giorni neri
cosi forte che la mia morte sarai
cosi forte che la mia morte sarai

Come insetti giganti da un‘altra galassia

Ci ammazzeranno tutti quanti
come insetti giganti da un‘altra galassia
come indomiti cavalli
dentro a gabbie per uccelli
a supplicar la grazia

I grattacieli sono splendidi
i satelliti distanti quanto basta
e spariranno tutti quanti
i venditori di racconti
ed i paesaggi diventeran fantasma

Ma io sogno ventilatori rotanti
tamburi nomadi e un lungo tintinnio di cimbali
donne senza veli in circoli devoti agli alberi

19/03/13

Voglio che le stelle sappiano che hai vinto

Voglio che le stelle sappiano che hai vinto
sembrava un inganno titanico
come nuotare nel sonno
ma voglio che le stelle sappiano che hai vinto
prenderò il tuo nome ed i miei bimbi
li porterò dove la terra tocca il mare
dove gli olivi crescono selvaggi e millenari
e so come sarà - Dio mio se lo so -
me lo hai mostrata ogni volta 
la vita 
e come viverla
Psicologicamente questa crisi lascerà tracce profonde. Non c'è niente di più brutto di non avere una prospettiva per il futuro, non poter immaginare un mondo migliore per i propri figli o non poter vivere serenamente il giusto riposo dopo una vita passata a lavorare. Vivere contando gli spiccioli che hai in tasca per comprare il pane è terribile. Dover risparmiare su tutto dai giornali ai libri, musica, cinema, fumetti e abbrutirsi culturalmente perchè le contingenze sono urgentissime, tutto questo lascerà dei solchi profondi. E la cosa che fa più incazzare è che esistono i responsabili di tutto questo disastro. Banche, manager, politici corrotti e la grande industria (qui da noi come nel resto del mondo occidentale) che per decenni hanno pensato soltanto a garantire i poteri forti per aumentare profitti fino a prosciugare ogni risorsa. E' inaccettabile che le ricchezze dell'intero pianeta siano nelle mani soltanto dell'1% della popolazione mondiale. Il nostro sistema andrà irreversibilmente verso il collasso e il declino. Non credo sia catastrofismo ma la realtà dei fatti. Oggi più che mai è necessario il buonsenso, l'onesta e l'attenzione al risparmio, cosa che la nostra società dei consumi purtroppo ha spazzato via nell'illusione di bastare a se stessa. Il circolo vizioso della super produzione e del consumo estremo ha stremato le risorse e collassato il sistema. Tutto questo non è nato adesso, dobbiamo tornare indietro agli anni '80, quando le multinazionali iniziarono a delocalizzare la produzione in Paesi dove il costo della manodopera è più basso, in modo da fare grandi profitti utilizzando salari da fame e per depotenziare le richieste delle classi meno abbienti e costringerle a condizioni di lavoro pessime. In più aggiungiamo la cecità dei nostri sindacati arroccati su posizioni ormai obsolete e chiudiamo il diabolico cerchio. 
Sono pessimista oggi, mi girano i coglioni. Ma dobbiamo trovare una nuova via, un nuovo modo di pensare e affrontare il futuro con occhi e visioni nuove per fermare questo modo diabolico e criminoso di guidare il mondo. Buon sabato sera a tutti...

08/03/13

Con gli occhi chiusi e puntati

Con gli occhi chiusi e puntati
ci perdiamo gli anni migliori della nostra vita
ad inseguire l’architettura immaginata da altri
a sognare un orgasmo sbraitato
un’auto nuova
ed uno schermo senza pensieri.
Ci hanno preso il significato
strillato nelle cuffie
ucciso nel sonno
e ammucchiato i cadaveri nella radura.

07/03/13

Minatori nel ventre delle cose

Con i tempi che corrono
cercare di capire cosa succede è la sola cosa che conta.
Dobbiamo scavare come minatori tutti i giorni,
indossare i vestiti adatti e scendere giù nel ventre delle cose.
Come degli esperti minatori scendere giù e scavare, scavare e continuare a scavare.
La vita è un bellissimo diamante sotto una montagna di merda.

06/03/13

Quest' anno non sarà diverso

Questo anno non sarà diverso
albeggerà ad Oriente come sempre
lontano dagli occhi e dalla mente
si perde il lavoro, si vive di niente. 
Ma io non tremo, aprirò del vino buono 
ogni volta che ci incontreremo.

AFB

Pulci grandi come ratti
succhiavano il sangue a tutti in città
potevi vederli arrancare tra i grattacieli
come un branco di cani
all’assalto del posto migliore

Riavvolgendo le sole visioni
lacerando tutti i sogni vedrai
i nostri occhi rossi fissare il cielo 
e se mai verrà il tempo di cambiare
se mai potrò spogliarti da tutto il potere
guarderò dentro ai tuoi occhi per dire
adesso fottimi bastardo
adesso fottimi bastardo