29/07/13

L'arte è ormai l'unica politica plausibile. L'arte piccola che non avrà grandi titoli sui giornali, che non passa sulle radio nazionali e non finisce nelle librerie. La musica, la pittura, la danza, la letteratura che nascono ogni mattina nel cuori di tanti per dare una stabilità al caos che viene da fuori. Qualcosa che possa ancora metterci in contatto con la natura e l'essenza dell'uomo, lontani da protocolli, statistiche, mercati, spread, bizze politiche. Abbiamo bevuto medicine amare, pagato bollette col sangue, ci siamo piegati per rendere stabile la confusione ma ogni lunedì ci troviamo di nuovo persi in vortici incontrollabili che non dipendono dalla nostra volontà e nemmeno si avvicinano a poter essere controllati. Il divario tra quello che siamo e quello che possiamo fare diventa infinito. Rifuggire in qualcosa di piccolo ma immensamente profondo come il processo creativo sarà l'ancora di salvezza, lo scoglio dove approdare. Non sarà il vistoso canto delle sirene ma le cure discrete di Nausicaa a salvarci. Niente da vivere collettivamente ma piccoli presidi liberi. Nessuna luce stroboscopica, nessun impianto da 150 mila Watt ma chitarre acustiche e voci. Una, cento, mille voci diverse dietro le barricate.

28/07/13

SIGUR ROS: Polaroid dal futuro che fotografano il presente

E' difficile tornare con i piedi per terra dopo aver volato nei magici universi dei Sigur Ros. Due ore di musica grandiosa, adulta e moderna. Chiunque si stesse chiedendo se il Rock è ancora vivo, doveva essere lì, a Lucca ieri sera.
Sarà la pochezza dei tempi che stiamo vivendo, sarà l'aridità di emozioni con cui siamo abituati a convivere quotidianamente, ma lo spettacolo che ha messo in scena il gruppo islandese è qualcosa di raro da custodire gelosamente dentro. Un'onda sonora che ha l'ampiezza di universi distanti ma al tempo stesso che risuona nei boschi dietro casa, sugli Appennini, come nelle vastità del Nord Europa. Una musica europea non semplice ma maestosa e paradossalmente gioiosa nel suo intercedere pesante.
Questa manica di giovani islandesi suonano quello che è il mondo di oggi con la capacità di farti guardare intorno e vedere il mondo con occhi diversi. Alberi, tramonti, aerei che passano, autostrade, bambini che corrono, tutto diventa lo scenario di un film che è la tua vita ora.
Ora e non ieri.
Ora.
C'è poco da dire di fronte a tanta grazia.
Credo sia una questione di dignità intellettuale e di rispetto verso ciò che ci circonda a far sprigionare dal palco dei Sigur Ros un continuo flusso di magia. Abituati, come siamo, ad ascoltare la musica come un sottofondo al bar o come colonna sonora di insopportabili pubblicità, i Sigur Ros ti catturano con la semplice bellezza delle note e ti accompagnano in un viaggio pazzesco costruito su di un sofisticato impasto sonoro fatto di archi, organi e chitarre distorte suonate con l'archetto del violoncello. Niente di impossibile da immaginare ma complicatissimo da realizzare. Una musica evocativa supportata da video che proiettano continuamente immagini, come Polaroid dal futuro ma che fotografano il presente.
Autostoppisti di autostrade cosmiche, hippy del futuro, comunque si vogliano guardare i Sigur Ros rappresentano qualcosa di raro nel mondo asfittico che stiamo vivendo.
E il pubblico in Piazza Napoleone ha risposto entusiasta a tutto ciò, ascoltando in un mistico silenzio lo scorrere delle canzoni, interrotto soltanto da fragorosi e liberatori applausi alla fine di ogni brano.
Una scaletta costruita sugli ultimi lavori e una manciata di classici (Vaka, Hoppipolla,Olsen Olsen, Svefn-G-Englar,) dei primi album conclusa con la straordinaria “Untitled Eight (Popplagiò)” che fa tanto bene all'anima prima di andarsene a letto, trasformati dall'incredibile esperienza di un viaggio straordinario.
Il potere della musica, l'ingegno e la creatività umana, la voglia di comunicare emozioni fortissime...tutto quà. 
Per poi risvegliarsi nella luce del mattino un po' più vivi e con tutti i Chakra aperti.
Niente male direi.

01/07/13

Voglio che le stelle sappiano che hai vinto


Voglio che le stelle sappiano che hai vinto
sembrava un inganno titanico
come nuotare nel sonno
ma voglio che le stelle sappiano che hai vinto
prenderò il tuo nome ed i miei bimbi
li porterò dove la terra tocca il mare
dove gli olivi crescono selvaggi e millenari
e so come sarà - Dio mio se lo so -
me lo hai mostrata ogni volta 
la vita 
e come viverla.