29/07/13

L'arte è ormai l'unica politica plausibile. L'arte piccola che non avrà grandi titoli sui giornali, che non passa sulle radio nazionali e non finisce nelle librerie. La musica, la pittura, la danza, la letteratura che nascono ogni mattina nel cuori di tanti per dare una stabilità al caos che viene da fuori. Qualcosa che possa ancora metterci in contatto con la natura e l'essenza dell'uomo, lontani da protocolli, statistiche, mercati, spread, bizze politiche. Abbiamo bevuto medicine amare, pagato bollette col sangue, ci siamo piegati per rendere stabile la confusione ma ogni lunedì ci troviamo di nuovo persi in vortici incontrollabili che non dipendono dalla nostra volontà e nemmeno si avvicinano a poter essere controllati. Il divario tra quello che siamo e quello che possiamo fare diventa infinito. Rifuggire in qualcosa di piccolo ma immensamente profondo come il processo creativo sarà l'ancora di salvezza, lo scoglio dove approdare. Non sarà il vistoso canto delle sirene ma le cure discrete di Nausicaa a salvarci. Niente da vivere collettivamente ma piccoli presidi liberi. Nessuna luce stroboscopica, nessun impianto da 150 mila Watt ma chitarre acustiche e voci. Una, cento, mille voci diverse dietro le barricate.

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